Le urne ci consegnano un’Italia
ingovernabile. Il Centrosinistra è, in termini di voti, maggioranza relativa in
entrambi i rami del Parlamento, ma solo alla Camera, grazie ad uno scellerato
premio di maggioranza, riesce ad ottenere la maggioranza di seggi, nonostante
un consenso inferiore a un terzo dei votanti ed il risicato vantaggio sul centrodestra,
pari a circa 124.000 voti. Berlusconi crolla nei numeri: rispetto al 2008
prende il 16% in meno, circa 6 milioni di voti, così come tutta la coalizione
che passa dal 46,8% al 29,01% con una perdita di voti di 7 milioni. Ma al di là
dei numeri, mantiene il consenso di un terzo dei votanti, contende sino
all’ultimo il premio di maggioranza alla Camera e pareggia al Senato. Monti
prende il 10,5% dei voti, meno del previsto, ma è contento. Beato lui. Il dato
più eclatante è il successo di Grillo, che alla Camera è il primo partito
nazionale con il 25,5% dei consensi ed al Senato elegge 54 parlamentari. I
numeri del M5S, sommati alle astensioni, fanno circa metà degli elettori. Il
segnale è importante e deve far riflettere: metà dell’Italia è stanca della
vecchia politica, dei suoi privilegi, della sua autoreferenzialità; ha voglia
di cambiamento e ritiene che ciò non possa avvenire con la vecchia classe
politica che da almeno vent’anni siede nella stanza dei bottoni.
Quello del centrosinistra è un
pareggio di Pirro: prende più voti al Senato, ma sostanzialmente pareggia in
numero di seggi (120) ed è ben lontano dalla maggioranza (158), che non sarebbe
raggiunta neanche con l’appoggio di Monti (22). Alla Camera è esattamente il
contrario: ha la maggioranza dei seggi (340), ma pareggia nel Paese, viene
scavalcato da Grillo e perde rispetto al 2008 circa 3,5 milioni di voti. Avrà
l’onere di indicare una strada percorribile per uscire da questa situazione
d’impasse, ma senza avere i numeri e la forza necessaria.
Lo scenario che abbiamo d’avanti
è preoccupante: la crisi incombe e la mancanza di un governo aumenta le
incertezze. I numeri impongono la ricerca di una soluzione condivisa da tutti,
o quasi. Che si tratti di un governo di minoranza o di grande coalizione non ha
importanza, ma non si può gettar via inutilmente una legislatura e tornare
subito al voto nella stessa situazione che c’era il giorno prima delle elezioni.
Le forze politiche non possono far finta di nulla, devono dare un segnale
forte al Paese, sfiduciato ed ormai disamorato delle istituzioni. Si potrebbero
approvare importanti provvedimenti slegati alle logiche delle maggioranze
politiche. Ridurre i costi della politica, iniziando dalla diminuzione (non
dimezzamento) del numero dei Parlamentari e dal (almeno) dimezzamento (non solo
diminuzione) dei loro stipendi. Una nuova legge elettorale che assicuri
rappresentatività, governabilità e scelta effettiva dei cittadini. Superamento
del bicameralismo perfetto. Sono riforme che riguardano le regole del gioco, di
appannaggio di tutti e non solo di alcuni, dove andrebbe comunque ricercata una
larga maggioranza. Utilizzare questo Parlamento come occasione per approvare
poche ma significative riforme che razionalizzino il nostro sistema
politico-istituzionale significherebbe dare una senso a questa legislatura. Naturalmente,
non si può prescindere dal dare un Governo al Paese. Lo hanno fatto per un
anno, possono farlo ancora, per il bene dell'Italia. Mai come oggi serve grande
senso di responsabilità da parte di tutti, nessuno escluso.
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