In questa campagna
elettorale giunta ormai al termine, si è tornato a parlare di condono fiscale. La proposta è stata lanciata da chi, impegnato in una difficile
rincorsa al voto, le ha tentate davvero tutte. Così, dopo aver ammiccato ai
neofascisti nel giorno della memoria, ha strizzato l’occhio agli evasori. Ma
neanche questa è una novità.
La frequenza con cui in
Italia si sono varati i condoni è tale da far pensare che quella che dovrebbe
essere considerata un’eccezione, sia in realtà diventata una regola.
È una misura sbagliata,
il condono, e lo è per tanti motivi. Essendo un provvedimento una tantum, è sicuramente
inefficace a finanziare gli irrealizzabili tagli promessi ad IMU ed IRAP, misure
strutturali da finanziare non solo nel primo, ma anche negli anni successivi.
Anni in cui, a causa del probabile aumento dell’evasione, stimolata proprio
dalla sanatoria, il timore di un minor gettito fiscale e del conseguente
aggravio delle altre imposte, in particolare a carico del lavoro, è serio e
reale.
Ma questo non sembra
essere l’unico motivo per opporsi decisamente all’adozione dell’ennesimo condono in Italia.
Incompatibile con le regole europee, rischia di vanificare la lotta
all’evasione. Dopo le sanatorie del 2003 l’indice di fedeltà fiscale è crollato,
generando gravi ripercussioni negative sulle entrate dello Stato. Il suo è un messaggio
diseducativo, spesso colto dai frodatori fiscali che ne traggono vantaggio: è
inutile pagare le tasse, tanto prima o poi una sanatoria permetterà di regolarizzare
la propria posizione pagando una percentuale davvero minima e garantirà
l’impunità.
Il rischio di dare nuova
linfa alla cultura dell’evasione è alto, sopratutto dopo un periodo in
cui si è tentata la stretta sul fronte della lotta agli evasori. Perché se è
vero che i controlli si fanno sul passato, se è vero che si riferiscono a chi
ha dichiarato ieri, è altrettanto vero che gli accertamenti devono guardare al
futuro e tutelare la credibilità del sistema agli occhi di chi dovrà dichiarare
domani.
Last but no least, il condono è un
provvedimento profondamente iniquo: altera la concorrenza e crea disparità tra
contribuenti onesti ed evasori, premiando i furbi e chi ha contravvenuto alle
regole. Da una parte i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) che pagano
tutto con il prelievo alla fonte, dall’altra coloro che possono e vogliono
evadere, i c.d. condonabili.
Che
messaggio si darebbe alla gente onesta che ha sempre dichiarato quanto doveva? A quei cittadini che non hanno nascosto un euro del loro reddito, ma non sono riusciti a pagare il fisco a causa della sua gravosità, dovuta anche alla
presenza di chi i tributi non li dichiara. Cosa raccontiamo a quei contribuenti
che per pagare le tasse hanno dovuto vendere la casa o se la sono vista pignorare,
magari dallo Stato? A chi ha dovuto chiudere l’azienda ed è rimasto senza
lavoro? Cosa raccontiamo? Come potrebbe questa gente continuare ad avere
fiducia in uno Stato che continua a premiare i furbi?
È
arrivato il momento di mettere alcuni paletti sul tema dei tributi, del
rapporto tra fisco e contribuenti, ed in generale tra Stato e cittadini. Se non
si riesce a capire che sino a quando tutti non pagheranno le tasse queste
resteranno troppo alte, sarà difficile abbassare la pressione fiscale. Quindi,
innanzitutto, mai più condoni. Non può uno Stato moderno lanciare continuamente
messaggi distorti, chiedere sempre di più ai tanti che hanno poco e chiudere
gli occhi di fronte a quei pochi che hanno tanto, premiando tra questi i furbi.
È
necessaria una riforma fiscale che vada al di là della stessa diminuzione dei tributi: le leggi italiane sono oggi incomprensibili e
farraginose, tanto da risultare illeggibili anche dagli stessi operatori ed esperti
della materia, che fanno fatica a capirci qualcosa.
Certezza
e semplificazione delle norme, comprensibilità ed accessibilità delle stesse, emanazione
di un vero codice tributario, diminuzione della pressione fiscale e coerenza del sistema devono essere le linee guida
da seguire per mettere un po’ di ordine su un tema sempre più incisivo nella
vita dei cittadini.
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